07 agosto, 2017

Livorno

LIVORNO




LIVORNO è vento e mare. E' una città di porto che sa accogliere chi viene e aspettare chi parte e poi ci ritorna. Mare e scogli, sguardo che spazio all'infinito verso l'orizzonte, amaranto il suo cielo. Acqua che sbatte sugli scogli, che con i suoi schizzi scavalca la Terrazza Mascagni quando il mare è mosso e le onde si alzano. Livorno è una metafora della sfida dell'esistenza. Sembra una fortezza come quella dell'Antico Porto Mediceo, è una città che ti protegge ma che con quella sua tavola liquida ti invita Oltremare, ti schiude dal torpore, da una nicchia rassicurante, dalla routine e ti apre un sentiero che puoi percorrere per trovare il tuo posto in quella gran cosa che è la vita. All'inizio titubante poi con una determinazione forte e uno slancio. Hai preso il volo e corri al galoppo. Sì perché se sei nato a Livorno ami il mare, il galoppo e le donne. All'Ardenza, davanti all'Accademia c'è un ippodromo dove i purosangue corrono su una pista in erba a otto metri dal mare. Ci sono giornate d'inverno che sono dolci, il tepore del sole che accarezza la pelle e fa da sottofondo alla passeggiata sul lungomare, alla bicchierata con gli amici alla Baracchina Rossa. Al caffè rigorosamente al vetro al bar davanti ai Quattro Mori. Livorno e l'Arte, la musica di Mascagni, i quadri e le sculture di Modigliani. Livorno e la politica, Gramsci e un teatro dove nel 1921 fu fondato il Partito Comunista. E' una città di sentimenti forti, lo esprime anche la sua parlata. E' tutto sopra le righe, il livornese ti parla apertamente. Ti dice quello che pensa. Ti guarda in faccia, una pacca sulla spalla al ritrovarsi e poi via a briglia sciolta su tutto. La politica, il pallone, la pallacanestro che qui visse un'epoca magnifica di derby tra due squadre, la Libertas e la Pallacanestro Livorno. Livorno città olimpionica, culla dei grandi campioni della scherma, di calciatori importanti, uno su tutti, il capitano della grande Inter, per tutti Armandino. Picchi, il suo cognome, è scritto sulla pelle di tutti i livornesi. Città che è diventata il set di un film intenso di vita e di sentimento, quel delizioso 'La prima cosa bella' di Virzì. Una pietra angolare della livornesità ma anche scorci di una città definita brutta - forse perché il suo centro storico fu distrutto nella seconda guerra mondiale con i bombardamenti - ma che d'estate si illumina nel quartiere Venezia con spettacoli, cene all'aperto, musica e la vita pulsa insieme alle parole. Città di amici, Livorno, ma per capirla e amarla devi quasi fuggire da lei. Il suo abbraccio è stordente, rassicurante. Devi compiere la tua Odissea per tornare ad Itaca. Aver navigato i mari mossi della vita, essere passato per un percorso di formazione letterario, sentimentale per poter tornare in quel grembo dove hai preparato l'uscita dal guscio in un liquido amniotico dove hai respirato l'anima di questa città di ideali e di libeccio. Allora puoi scrivere nel taccuino di viaggio gli amori adolescenziali, il primo bacio sotto le lampade dell'Ardenza - l'ippodromo dove tutti sono stati almeno una volta, anche il Conte Max Allegri che allena la Juventus -, i libri del liceo dove quella ragazzina del primo banco ti disegnava un cuore e le vostre iniziali. Il corpo acerbo, la pelle di donna che ti incantava come quando hai visto giocare il Livorno per la prima volta e quell'amaranto era un colore fiero, che non si piega, che rinasce ogni volta. Sul prato rotolava insieme a quella sfera anche la parte magmatica della gioventù. Quando hai tutto in mano, tutto in divenire e senti pulsare la vita anche quando vedi una ragazza accavallare le gambe e pensi d'un tratto che quelle calze eleganti che indossa e quel gesto lì, accavallare le gambe, sia una scintilla luminosa, profumata di eros, sogno e fantasia, vitale, brillante. Impetuosa come la sgabbiata di una corsa dei cavalli, quando si aprono le gabbie e i purosangue scattano per la partenza. La ragazza del liceo con il quale scambiavi i dischi di Morandi e Patty Pravo, di Celentano e di uno che tu amavi piu' di tutti gli altri, il Sergio Endrigo di quello stupendo 'Io che amo solo tè è tutto il vento che è soffiato quando avevi ai piedi le scarpe da ginnastica Superga, nelle mani il Manifesto dei tuoi sedici anni e un mondo da cambiare e riempire di pensieri di condivisione e di comunismo come una società di beni comuni, di eguaglianza e di quel terzo motto della rivoluzione francese che oggi si è smarrito, ' fraternitè'. Quanti fogli bianchi hai riempito sulle panchine della Terrazza Mascagni, finito di leggere il tuo amato Dostoievskij, sognato che al governo ci fosse un Principe visionario e buono come quello de “L'idiota”. E che la felicità fosse di piccole cose, un gelato, la partita, una sciarpa scozzese che tua madre ha cucito, il concerto di De Andrè. E magari gli ultimi spiccioli giocati su un cavallo visto bello al tondino dell'Ardenza. Non eri importante, allora. Eri ancora in bozzo, dovevi ancora aprire le ali. Ma in quell'indefinito, in quell'esistenza grezza e piena di pudori e rossori, di non saprei c'era il seme di un mare che sembrava non finire mai. Quello che oggi puoi vedere dalla terrazza all'ultimo piano del rinnovato Grand Hotel Palazzo. Da lassù si vedono le navi arrivare in porto, le barche che gonfiano le vele come abiti da sposa dove il bianco viene baciato dal blu'. E provi la stessa emozione di quando accarezzavi la pelle di lei, di quella cerbiatta, di quella donna che ti ha svezzato di nuovo perché ti ha fatto vedere parte di te che avevi accantonato. Sei tornato a sentire quella scintilla che solo i campioni avvertono alla sgabbiata. Via, partiti. Si esce di nuovo, si mangia un panino davanti al mare con nello zaino un foglio di giornale, un romanzo di Baricco appuntato a lapis come se dovessi ancora fare i compiti. Hai archiviato l'idea di un incontro necessariamente fisico con una donna. Quasi ti sei innamorato di un'alchimia della mente. Hai provato a tenere dentro il cuore un sentimento profondo e intenso, prossimo alla purezza per una donna. Qualcosa che non voli via al primo libeccio. Qualcosa che resti intenso e non si bagni al primo schizzo di acquamarina. 


Se forse sei il suo Sognatore è perché sei nato in quella città che si chiama Livorno. Dove per amarla devi andare lontano e ritornarci. E quel "Deh" è un'apertura per tutto. Per la vita, per l'arte. Per l'amore. Per scrivere un ti amo ad ogni schizzo d'onda.



Racconto di Un Sognatore










Terrazza Mascagni







Posto alla vostra attenzione gentili visitatori di  questo mio semplice blog,


un altro racconto , mi scuso fin da ora per la sua lunghezza , ma per il 

mio Amico Sognatore vale la pena dedicarne qualche minuto in più 

per leggere questa meraviglia di Racconto .Di cuore grazie infinite per 

queste perle in scrittura che mi doni , in modo che posso postarle .


Semplicemente Donna






4 commenti:

  1. Ci fu un periodo in cui andavo spesso a Livorno per motivi di lavoro, e senza voler offendere nessuno, non mi sono mai sentito attratto da quella citta, anzi, non vedevo l'ora di scappare. Forse perché venivo anche io da una città di mare, non molto bella, ma con un lungomare da sogno ed unico nel suo genere. Scusami per la franchezza, ripeto, spero di non offendere nessuno. Un abbraccio...^^

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    1. Ciao caro Vittorio , grazie del tuo pensiero che come sempre è in tutta franchezza e sincerità. Ti dirò che io a Livorno non ci sono mai stata , quindi non potrei scriverne nulla . Come faccio da tempo , per mia scelta,faccio omaggio di racconti del mio Amico Sognatore , per il suo bellissimo scrivere .
      Buona giornata , tranquillo qui nessuno si offende , ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni . Anzi te ne ringrazio ancora , ti abbraccio con affetto e bene . :-)

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    1. Ciao cara Paola , nemmeno io mai stata , che bello vederti .
      Spero tutto bene .... Ti abbraccio con affetto Amica splendida fotografa!

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