
Silenzio è ricordare che tutte le parole hanno
un oggi e un domani; cioè un valore nel
momento e una portata futura incalcolabile.
Silenzio è ricordare che il valore della parola
che pronuncio non viene tanto dal suo
significato né dall’intenzione che le imprimo,
quanto dal modo con cui la comprende chi
l’ascolta.
Silenzio è riconoscere che i conflitti si
risolvono meglio tacendo che parlando e
che il tempo influisce su di loro più delle
parole.
Silenzio è reprimere l’ingiuria che viene
a tormentarci e dimenticare quelle che già
infierirono.
Silenzio è ricordare che il semplice fatto
di ripetere quello che gli altri dicono, è
formare la valanga che trascina in fretta la
reputazione
e la tranquillità degli altri.
Silenzio è radice e perciò sostiene.
Silenzio è linfa e perciò alimenta.
Silenzio è ricordare che se per le nostre
pene e speranze il nostro cuore è un
reliquario, il cuore degli altri può essere
una piazza di fiera e persino un letamaio.
Silenzio è il bocciolo dove il bruco si
cambia in farfalla, silenzio è la nube dove
si forma il raggio.
Silenzio è concretizzarsi, seguire la propria
orbita, compiere il proprio disegno.
Silenzio è meditare, misurare, pesare,
ponderare, affinare.
Silenzio è la parola giusta, l’intenzione
retta, la promessa chiara, l’entusiasmo
frenato, la devozione che sa dove andare.
Silenzio è Essere Uno Stesso, non un
tamtam che risuona sotto le dita della
moltitudine.
Silenzio è tenere il cuore di uno, il cervello
di uno, e non cambiare sentimento o
opinione perché lo vogliono gli altri.
Silenzio è parlare con Dio prima che con
gli uomini, per non pentirsi d’aver parlato.
Silenzio è parlare tacitamente con il
proprio dolore, e contenerlo fino a che
non si converta in sorriso, in preghiera,
in canto.
Silenzio è, infine, il riposo del sogno,
il riposo della morte, dove tutto
si purifica e si restaura, dove
tutto s’eguaglia e si perdona.
- Alberto Masferrer, “Elogio del Silenzio”-

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